set stage Capogrossi & sunglasses del 23 maggio 2013 h 16:28: ogni allievo indossa il proprio prototipo.
foto Cecilia Polidori
LABORATORY DESIGN methods by use of creative platforms -
Interactive Systems for the Creation and Evolution of Web Platform Projects,
Prototyping, Communication Strategy, Crowdsourcing Design, Processing Platforms,
an experimental project on interoperability of research and teaching of Data-Design
conducted through innovative scenarios and forms of organization of the processes
of interactive and collective learning.
PROJECTS, EXPERIMENTS AND PROTOTYPES WITH DIFFERENT MATERIALS.
deepsdesignbycp@gmail.com
piattaforma 1
DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-1.blogspot.it/

2
DESIGN 2013/14 n 2 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-2.blogspot.it/

3
DESIGN 2013/14 n 3 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
http://design-cecilia-polidori-2014-3.blogspot.it/

English version

Lezione 3 - 23 X 2013 - i primi anni '60: 1964 / 6°







▶ Righteous Brothers - Lost That Loving Feeling Lyrics - YouTube



▶ Righteous Brothers - You´ve Lost That Loving Feeling., Subtitulada Español - YouTube


▶ The Righteous Brothers - You've Lost That Lovin' Feelin' feat. Top Gun 1986 - YouTube






▶ Top Gun - You've Lost That Loving Feeling (Legendado) - YouTube

da: 'You've Lost That Lovin' Feelin' - Wikipedia "... è una canzone dei The Righteous Brothers del 1965, numero uno negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Nel 1999, la performing-rights organization Broadcast Music, Inc. (BMI) ha annunciato che il brano è il più trasmesso dalle radio nel ventesimo secolo...
... A metà febbraio 1965, il singolo dei Righteous Brothers era al numero uno sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito... Fra i coristi del brano c'era anche una giovanissima Cher. La canzone registrata durava quasi quattro minuti, ed era eccessivamente lunga per poter ottenere accoglienza nelle radio. Spector rifiutò di tagliare il brano, e fece stampare sulla copertina del disco una falsa durata di 3:05 anziché gli effettivi 3:45".
Top Gun - Wikipedia

Cassius Clay, Muhammad Alì, vince il mondiale dei pesi massimi, per la prima volta, a Miami. 25 febbraio
a Martin Luther King viene assegnato il Nobel per la pace, 14 ottobre/10 dicembre
1951-2: DIAMOND Chair, struttura in tondino d'acciaio  saldato e cromato. Cuscino imbottito, Misure: altezza totale 76 cm, larghezza 83 cm, profonditá 73 cm, altezza schienale: 42 cm, Produzione Knoll. Furniture is available through www.knoll.come Knoll - Designer: "Scultore, docente universitario e designer di arredi italiano, Harry Bertoia dimostrò tutta la sua genialità nel 1952 creando per Knoll International la sua celeberrima poltrona Diamond. Bertoia ha inventato nuove forme e ha arricchito il design del mobile introducendo un nuovo materiale: nelle sue mani, le barre di acciaio sono diventate un'icona. Dopo avere studiato presso la Detroit Technical High School, la Detroit School of Arts e la Crafts and Cranbrook Academy of Art di Bloomfield Hills in Michigan, Bertoia insegnò la lavorazione dei metalli presso la stessa Cranbrook. Insieme a Charles Eames lavorò per sviluppare una serie di sedie con scocca in legno. Eero Saarinen gli diede l'incarico di scolpire un pannello in metallo per il General Motors Technical Center di Detroit.

Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, spiccano la medaglia per l'artigianato dell'American Institute of Architects e la medaglia d'oro dell'AIA.".



Bertoia Asymmetric Chaise Lounge

Poltrona Asimmetrica Bertoia   Harry Bertoia, 1952


Poltrona Diamond Bertoia


Harry Bertoia, 1952



Harry Bertoia (b. March 10, 1915 in San LorenzoPordenoneItaly. d. November 6, 1978 in BartoPennsylvaniaUnited States), was an Italian-born artist, sound art sculptor, and modern furniture designer
http://harrybertoia.org/
Harry Bertoia || Harry Bertoia - Italian-born artist, sculptor, and modern furniture designer || HarryBertoia.org;  
Harry Bertoia - Wikipedia: "Lasciò il Friuli assieme alla famiglia nel 1930 per cercare fortuna a Detroit, dove frequentò prima la Cass Technical High School...".
Harry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia FurnitureHarry Bertoia Furniture
                                                                                   foto Cecilia Polidori, 2011

  foto Cecilia Polidori, 2011

                                                                            foto Cecilia Polidori, 2011

                                                                                         foto Cecilia Polidori, 2011

                                                                                                                          foto Cecilia Polidori, 2011

  foto Cecilia Polidori, 2011


foto Cecilia Polidori, 2011
                                                                                                  foto Cecilia Polidori, 2011

kresge chapel, MIT, Boston
Massachusetts Institute of Technology Chapel,  1955 
Cambridge, MA
Architect: Eero Saarinen
vedi: Cecilia POLIDORI, la Kresge Chapel di Eero Saarinen, MIT Cambridge, Boston, cappella del 1955, 77 Massachusetts Ave, Cambridge, MA02139, USAin: la Kresge Chapel di Eero Saarinen, MIT Cambridge, Boston, cappella del 1955, 77 Massachusetts Ave,Cambridge,MA02139,USA - Recensioni su Massachusetts Institute of Technology (MIT), Cambridge - TripAdvisor
"L’MIT di Cambridge a Boston raccoglie un tale patrimonio di stupefacenti realizzazioni architettoniche degli anni ‘40, ‘50, ‘60, ‘70 etc. etc. sin alle più variopinte e famose realizzazioni di questi anni, che non basta un giorno per vederle ed apprezzarle tutte, ma al centro del campus vi è un piccolo edificio cilindrico in mattoni rossi: non dimenticate di entrarci! E’ la bellissima esperienza di un maestro prestigioso ed eccezionale che ha saputo realizzare un’armonia di spazio raccolto per la riflessione e, se volete, per la preghiera. Vi porterà via pochi minuti: ma ve la raccomando, poiché, chissà perché, non se ne parla moltissimo. Al MIT, come in tutte le istituzioni universitarie ed affini (college, etc) la religione, di qualunque credo sia, riveste un ruolo importante: la cappella appartiene alla dimensione meeting-house, ovvero espressione delle comunità protestanti del New England, quindi, tra le altre, il pluralismo e la tolleranza, e l’obiettivo, qui raggiunto e perfettamente realizzato in questa fantastica piccola architettura, è quello di: “mantenere un’atmosfera di libertà religiosa che consenta agli studenti di approfondire del loro patrimonio spirituale, di seguire i loro interessi religiosi, e pregare Dio a loro modo.” (dalle parole del Presidente del MIT, dal 1948 al 1959, James Rhyne Killian ). Negli anni Cinquanta questa tipologia di cappella “non confessionale” o “multi-confessionale” era tipica. I materiali, sempre validi, sono mattoni e rivestimenti in lamelle lignee… ed il ferro: poiché il fulcro ottico è un secondo spot e fonte di luce naturale che viene “ingabbiato” e potenziato da un grappolo di piccoli rettangoli metallici agganciati a cavi pendenti dal soffitto: questa scultura è di Arieto, detto Harry, Bertoia, italiano di San Lorenzo di Arzene, Dolomiti Friulane, artista e designer geniale.
Il risultato di questo connubio tra un architetto a tutto campo, quindi anche d’interni e attento e sensibile ed innovativo studioso di elementi di dettaglio spesso poi messi in produzione, ed un artista e designer orientato sulle potenziali espressività della lavorazione dei metalli è una avanguardistica visione del design anni ’50.".

voce: "Chip"
da: Cecilia POLIDORI, "I paradossi del villaggio globale/ Noi nomadi erranti tra degrado e tecnologie elettroniche", in CONTROSPAZIO n. 2, marzo-aprile 1995, Roma, pp. 52-59; in particolare: "PICCOLO GLOSSARIO", pag 54 e seguenti.
"Frammento. Detto anche microchip, o microprocessore, è una piastrina millimetrica realizzata da Jack S. Kilby nel 1959 presso la Texas Instruments a Dallas (il 29 luglo 1958 si costituisce la NASA, Ente Spaziale, Americano). È un'unità compatta di bobine, transistors e condensatori su un semiconduttore di - germanio prima, poi, grazie a Robert Noyce - silicio, contenente molti circuiti integrati. Con essa s'avvia la produzione di calcolatrici tascabili, orologi digitali ed elettrodomestici programmabili. Contiene milioni di Bit, anima e memoria del computer dal 1964, elabora e immagazzina dati.".

da: Elettronica - Wikipedia: "Una nuova svolta si ebbe dopo la seconda guerra mondiale con l'invenzione del transistor, componente attivo che poteva assolvere le stesse funzioni delle valvole termoioniche ad una frazione del costo, dell'ingombro e della potenza necessari alle valvole...."
da: Microprocessore - Wikipedia: "La costruzione dei microprocessori è stata resa possibile dall'avvento della tecnologia LSI, fondata sulla nuova tecnologia "Silicon Gate Technology" sviluppata dall'italiano Federico Faggin alla Fairchild nel 1968: integrando una CPU completa in un solo chip permise di ridurre significativamente i costi dei calcolatori. Dagli anni ottanta in poi i microprocessori sono praticamente l'unica implementazione di CPU.".

1964 UK

Lo slogan di Mary Quant: "Le vere creatrici della mini sono le ragazze, le stesse che si vedono per la strada". 1964: la rivoluzione di Mary Quant - da: 1964: la rivoluzione di Mary Quant | Mixdesign.it "Se le primissime minigonne presentate da Mary Quant, per essere definite tali, dovevano aver una lunghezza che le facesse arrivare a due pollici sopra il ginocchio (circa 5,1 cm), nell'arco di un anno erano generalmente considerate tali quelle che arrivavano a scoprire almeno quattro pollici sopra il ginocchio (circa 10,2 cm). La lunghezza diminuì ancora, ma non in maniera uniforme: se per la moda londinese di fine anni sessanta poteva essere accettabile una gonna che arrivava a ben 7/8 pollici (circa 17,8/20,3 cm) sopra il ginocchio, nello stesso periodo a New York la lunghezza tipo non scopriva più di 3/4 pollici (circa 7,6/10,2 cm). Le dimensioni della minigonna in Inghilterra furono anche al centro di un caso di "evasione fiscale": il sistema di tassazione di allora prevedeva un'imposta indiretta sull'acquisto solo per gli abiti per adulti, considerando tali quelli di lunghezza superiore ai 24 pollici (circa 61 cm), esentandone quelli per bambini; le minigonne, pur essendo abiti per ragazze e donne adulte, con le loro lunghezze variabili tra i 13 e i 20 pollici (circa 33 e 50,8 cm), risultavano nella fascia non tassata.".  cfr.: Breve storia della minigonna - MinigonneMary Quant - Vogue.itMary Quant il trionfo della minigonnaDai Beatles alle minigonne di Mary Quant: i miti sfornati dalla swinging London - Il Messaggero" ...Inizia la guerra in Vietnam, esplode la Pop Art, Martin Luther King riceve il premio Nobel per la pace e Mary Quant inventa la minigonna. A indossarla è Twiggy: prima top model-teen ager ritratta anche dalla neonata macchina Polaroid."                   da: Appena uscita dalla mente di Mary Quint la minigonna fu un successo mondiale | ilJournal.itUna semplice invenzione, la minigonna, di una ragazza ventenne inglese, ha rivoluzionato dall'11 febbraio del 1964 la storia dell'abbigliamento femminile diventando un oggetto di culto per generazioni diverse fino a tornare di moda anche oggi.Il 1964 è un anno di particolare importanza per la moda perché è in questo anno che a Londra nasce la minigonna. Un invenzione che si deve a miss Mary Quant che la farà indossare per la prima volta l’11 febbraio a Twiggy: prima top model-teen ager,17 anni, ritratta anche dalla neonata macchina Polaroid... Dopo il ’64 l’abbigliamento femminile non sarà più lo stesso. Le gonne corte imporranno stivali alti di vernice, nuove calze dette “collant”, e una rivoluzione della biancheria....da: La bellezza senza taglie è la nuova minigonna? | Curvy, Foodie, Hungry. 1963 quando a Chelsea, nel sottoscala della boutique alternativa di Mary Quant uscì un modello di gonna che per la prima volta nella storia scopriva ginocchia e cosce. Quel pezzo di stoffa era il massimo della trasgressione

da: Mary Quant - Wikipedia: "È da tutti considerata l'inventrice della minigonna che lancerà facendola indossare a una parrucchiera di 17 anni, Leslie Hornby detta Twiggy (grissino), antesignana delle top model-teen ager. André Courrèges, che nel 1964 aveva presentato abiti corti e linee a trapezio, rivendicherà il copyright della minigonna." 

1964-IT- FR Michelangelo Antonioni, Il deserto rosso, 29 ottobre 1964, fotografia Carlo di Palma, Leone d'Oro a Venezia, 1964. cfr: Deserto rosso - Wikipedia in Michelangelo Antonioni - Wikipedia  "L'attesa" foto di Ugo Mulas a Lucio Fontana, 1964

Ugo Mulas: Lucio Fontana, Milano, 1964 

cfr: Antonio MALORINO, "Lucio Fontana, i tagli e il dirigente buca-gomme" | Artribune: "Sono famose alcune fotografie scattate da Ugo Mulas con Fontana all’opera nella realizzazione dei proprio tagli. Se a lungo la gestazione dell’opera d’arte è consistita nella realizzazione del disegno preliminare, nel caso dell’artista di origini argentine la centralità del gesto – quanto ampia era stata l’eco di quel selvaggio di Pollock – ..."

1964-IT                                                                                                


macchine da scrivere elettriche: 'Praxis 48' e Teckne 3. Produzione: Olivetti, 1964 

da: 
  • Macchina per scrivere Tekne 3 per Olivetti (1964)  tekne e mobili per ufficio ufficio produzione Synthesis - 

Serie 45 di Olivetti 


Synthesis -  L'idea di fondo era quella di un modulo tridimensionale su cui dimensionare sia i mobili che gli arredi per l'ufficio, avendo presenti anche gli spazi dedicati alle macchine, ai telefoni e agli altri oggetti che sui mobili di un ufficio devono trovare posto. Nel modulo pensato da Sottsass la misura di 45 centimetri rappresentava un riferimento base; da qui, la denominazione di "Serie 45".   










  • Macchina per scrivere Praxis 48 per Olivetti (1964)


Ettore Sottsass e Hans von Klier, 
Manufacturer:
Olivetti, Ivrea


Vasi della serie Paros di Enzo Mari per Danese, 1964

Enzo Mari, disegno esecutivo di un vaso della serie Paros per Danese, 1964

cfr: Pier Carlo Santini, Nuove proposte di Enzo Mari per la lavorazione del marmo e del vetro, pieghevole della mostra allestita a Milano, Milano, Danese, 1964, s. pp. (anche in Marmo, n. 3, 1964, pp. 130-131) inI vasi Paros di Enzo Mari « blog
inoltre vedi: 

  • cestino Mascarene, produz. Danese, 1964, Pubblicato da Martina La Manna a 11/24/2011 02:46:00 AM in: CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 2: E.M. Cestino Mascarene
  • E. M. Cestino Mascarene, produz. Danese, 1964, Angela Morabini corretto, Pubblicato da CECILIA and Cecilia a 4/15/2012 09:45:00 AM in: CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 2: Angela Morabini corretto
  • E. M. Cestino Mascarene, produz. Danese, 1964, Pubblicato da Angela Morabini a 4/05/2012 11:18:00 AMin: CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 2: E. M. Cestino Mascarene, produz. Danese, 1964

  • "Nel 1964, la mostra (*) approda a New York, alla Smithsonian Institution e io, che per la Olivetti ho già seguito alcuni progetti di grafica – merito di Giorgio Soavi, leggendario art director della promozione aziendale – vengo incaricato dei cataloghi e dell’allestimento. È il mio primo viaggio all’estero e non so una parola d’inglese. Quando arrivano le casse da Milano, scopro che un terzo delle opere è fracassato e che tutte le altre, da collegare a prese di corrente, sono basate sul voltaggio europeo. Devo restaurare i pezzi danneggiati e modificarne gli apparati elettrici.
    Giro per Manhattan con un taccuino, su cui traduco ciò che mi serve mediante schizzi e disegni.
    Imparo tre parole, fondamentali per le mie conversazioni: «money», «people», «tomorrow».
    Nei primi quindici giorni, l’azienda mi paga un buon albergo, ma per le due settimane successive, che trascorro visitando tutti i musei e camminando su e giù tra i grattacieli senza sosta, devo fare da
    solo. Trovo una pensione da pochi dollari, al settimo piano di un edificio senza ascensore. Mi ricordo che, appena apro la porta della mia stanza, casco lungo e disteso per terra, perché ho infilato
    il piede in un buco della moquette pulciosa a mo’ di pantofola, e poco dopo dietro le tende della finestra trovo un muro di mattoni. In America è ancora forte il razzismo: una mattina entra l’inserviente per rifare il letto. È una donna nera anziana molto corpulenta. Ingenuamente, mi avvicino perché le vorrei stringere la mano: quella urla e fugge, pensando chissà cosa.
    Vedevo un mondo in cui tutto era gigante, anche i quadri. Ciò che mi piaceva di Manhattan era che l’architettura si basava su Mies van der Rohe e il Modernismo: la qualità non nasceva dalla fattura dei singoli edifici, ma dalla loro somma e uniformità linguistica. Mi piaceva anche il sistema delle strade, che ho percorso tutte a piedi, senza quasi mai fare ricorso alla piantina. Il reticolato urbano mi pareva la componente più razionale di una città di quelle dimensioni."
    Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pp 44-45

    * Rif. mostra “Arte Programmata” realizzata da Olivetti su proposta di Bruno Munari nel 1962. 







  
da: Brionvega: fabbrica di icone: "Negli anni '60 Domus dà una mano a chi deve scegliere radio e televisori, proponendo gli innovativi prodotti Brionvega, nati dalla collaborazione con designer quali Marco Zanuso e Richard Sapper, Achille e Piergiacomo Castiglioni..."

cfr.: Marco Zanuso - WikipediaCECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 2: E.M. Kartell

poltrona Ledy, per Arflex, 1954 ,La poltrona Lady di Marco Zanuso | Pansini Arredamenti,

seggiolina per bambini K1340, Produzione Kartell, 1961 cfr.: zanuso kartell - Cerca con Google)


variante anni '70

"[...]Vorrei citare tre autori milanesi della generazione precedente alla mia che considero, oggi come allora, grandi maestri. Il primo è Marco Zanuso, designer e architetto: insieme a Richard Sapper, entrato nel suo studio nel 1957, mette a punto due televisori che giudico, senza ombra di dubbio, i prototipi di qualsiasi altro venuto dopo. Nel 1964, dieci anni dopo l'arrivo della tv in Italia, firma l'Algol per Brionvega: in un periodo in cui tutti gli apparecchi sono mascherati da mobiletti kitsch in legno, fatti per mimetizzarsi tra gli arredamenti vecchio stile con i quali devono convivere, Zanuso progetta il suo televisore come uno strumento industriale, una macchina, di cui mette in bella vista tutti gli ingranaggi. La forma, con lo schermo inclinato e arrotondato, è dettata dal componente principale, fino ad allora celato: il tubo catodico."
Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag.73. 
Marina Arillotta23 ottobre 2013 18:00

uno, due, tre, quattro ... etc.
___________________________________________________
(* lyrics)
You never close your eyes anymore when I kiss your lips
And there's no tenderness like before in your fingertips
You're trying hard not to show it
(Baby)
But baby, baby I know it

You've lost that lovin' feeling
Whoa, that lovin' feeling
You've lost that lovin' feeling
Now it's gone, gone, gone, woo, aah

Now there's no welcome look in your eyes when I reach for you
And now, you're starting to criticize little things I do
It makes me just feel like crying
(Baby)
'Cause baby, something in you is dying

You lost that lovin' feeling
Whoa, that lovin' feeling
You've lost that lovin' feeling
Now it's gone, gone, gone, woooooah

Baby, baby, I get down on my knees for you
If you would only love me like you used to do, yeah
We had a love, a love, a love you don't find everyday
So don't, don't, don't, don't let it slip away

Baby, baby
(Baby)
(Baby)
I beg of you please, please

I need your love
(I need your love)
I need your love
(I need your love)

So bring it on back
(So bring it on back)
Bring it on back
(So bring it on back)

Bring back that lovin' feeling
Whoa, that lovin' feeling
Bring back that lovin' feeling
'Cause it's gone, gone, gone
And I can't go on, no

Bring back that lovin' feeling
Whoa, that lovin' feeling
Bring back that lovin' feeling
'Cause it's gone, gone
(* traduzione)
Non chiuderai più gli occhi
Quando bacerò le tue labbra
E non c’è più la tenerezza di prima
Nelle tue dita
Stai tentando a difficoltà di nasconderlo piccola
Ma piccola, piccola, lo so
Hai perso quel sentimento d’amore
Oh, quel sentimento d’amore
Hai perso quel sentimento d’amore
Ora se n’è andato, andato, andato

Ora non c’è più tenerezza
Nei tuoi occhi quando cerco di prenderti per mano
E ragazza, stai cominciando
A criticare le piccole cose che faccio
Mi fa sentire come un bambino che piange
Perché piccola, qualcosa di bellissimo sta morendo
Hai perso quel sentimento d’amore
Oh, quel sentimento d’amore
Recupera quel sentimento d’amore
Ora se n’è andato, andato, andato
E non posso andare avanti

Piccola, piccola
Mi inginocchio per te
Se potessi semplicemente amarmi
Come prima
Tra di noi c’è amore
Un amore  un amore che non trovi tutti i giorni
Per cui non non
Non lasciartelo sfuggire
Recupera quel sentimento d’amore
Oh, quel sentimento d’amore
Recupera quel sentimento d’amore
Ora se n’è andato, andato, andato
E non posso andare avanti

__________________________________________________________________________



"Nel 1964, la mostra (*) approda a New York, alla Smithsonian Institution e io, che per la Olivetti ho già seguito alcuni progetti di grafica – merito di Giorgio Soavi, leggendario art director della promozione aziendale – vengo incaricato dei cataloghi e dell’allestimento. È il mio primo viaggio all’estero e non so una parola d’inglese. Quando arrivano le casse da Milano, scopro che un terzo delle opere è fracassato e che tutte le altre, da collegare a prese di corrente, sono basate sul voltaggio europeo. Devo restaurare i pezzi danneggiati e modificarne gli apparati elettrici.
Giro per Manhattan con un taccuino, su cui traduco ciò che mi serve mediante schizzi e disegni.
Imparo tre parole, fondamentali per le mie conversazioni: «money», «people», «tomorrow».
Nei primi quindici giorni, l’azienda mi paga un buon albergo, ma per le due settimane successive, che trascorro visitando tutti i musei e camminando su e giù tra i grattacieli senza sosta, devo fare da
solo. Trovo una pensione da pochi dollari, al settimo piano di un edificio senza ascensore. Mi ricordo che, appena apro la porta della mia stanza, casco lungo e disteso per terra, perché ho infilato
il piede in un buco della moquette pulciosa a mo’ di pantofola, e poco dopo dietro le tende della finestra trovo un muro di mattoni. In America è ancora forte il razzismo: una mattina entra l’inserviente per rifare il letto. È una donna nera anziana molto corpulenta. Ingenuamente, mi avvicino perché le vorrei stringere la mano: quella urla e fugge, pensando chissà cosa.
Vedevo un mondo in cui tutto era gigante, anche i quadri. Ciò che mi piaceva di Manhattan era che l’architettura si basava su Mies van der Rohe e il Modernismo: la qualità non nasceva dalla fattura dei singoli edifici, ma dalla loro somma e uniformità linguistica. Mi piaceva anche il sistema delle strade, che ho percorso tutte a piedi, senza quasi mai fare ricorso alla piantina. Il reticolato urbano mi pareva la componente più razionale di una città di quelle dimensioni."
Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pp 44-45

* Rif. mostra “Arte Programmata” realizzata da Olivetti su proposta di Bruno Munari nel 1962.

  • Enzo Mari, Inserzione a pagamento, a doppia pagina, pubblicata su vari numeri di Domus, ad esempio, n. 869, Milano, aprile 2004: 
    • "Progettista di grande esperienza e di riconosciuta qualità
    • cerca disperatamente1
    non solo per sé2
    • GIOVANE IMPRENDITORE3

    si richiedono:
    • IL CORAGGIO
    di realizzare progetti strategici4
    quale unica salvezza dalla profonda crisi economica che coinvolge tutti.
    • L'UMILTÀ
    Di non voler progettare anche la forma5
    • DI CONOSCERE LA DIFFERENZA:
  • tra design e moda6
    • tra design, prodotto industriale, arte applicata e karaoke7
      • tra lavoro alienato e lavoro di trasformazione.
      • ----------------------------------------------------------------
        Note
        • 1. Un buon progetto richiede l'alleanza appassionata di due persone: in soldato dell'utopia (il progettista) e una tigre deI mondo reale (l’imprenditore). E’ sempre la tigre, se vuole, che consente la realizzazione di almeno un frammento di utopia. Oggi le tigri sembrano estinte.
        • 2. Ma anche per consentire un futuro di lavoro dignitoso almeno per a qualcuno dei giovani.
        • 3. Indipendentemente dall'età.
        • 4. Tra questi, non è di secondaria importanza l'affermazione di uno standard (da «étendard», bandiera). E’ il valore primo di una azienda, è ciò che fa la differenza.
        • 5. Corrisponde ad una scelta ideale che si manifesta con una rigorosa coerenza formale. In mancanza di questa le Aziende muoiono. Un buon imprenditore è un ottimo progettista. Dell'organizzazione e del consenso ha la capacità di valutare la forma. E’ però impossibile che sia anche in possesso delle tecniche raffinate e della tensione utopizzante necessaria a realizzare una forma dignitosa.
        • 6. Tra durata ed effimero.
        • 7. Dal Karaoke si passa al Pachinko e quest'ultimo è l'allegoria del Salone del Mobile. "

      20 commenti:

      1. "[...]Vorrei citare tre autori milanesi della generazione precedente alla mia che considero, oggi come allora, grandi maestri. Il primo è Marco Zanuso, designer e architetto: insieme a Richard Sapper, entrato nel suo studio nel 1957, mette a punto due televisori che giudico, senza ombra di dubbio, i prototipi di qualsiasi altro venuto dopo. Nel 1964, dieci anni dopo l'arrivo della tv in Italia, firma l'Algol per Brionvega: in un periodo in cui tutti gli apparecchi sono mascherati da mobiletti kitsch in legno, fatti per mimetizzarsi tra gli arredamenti vecchio stile con i quali devono convivere, Zanuso progetta il suo televisore come uno strumento industriale, una macchina, di cui mette in bella vista tutti gli ingranaggi. La forma, con lo schermo inclinato e arrotondato, è dettata dal componente principale, fino ad allora celato: il tubo catodico."
        Mari Enzo, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag.73.

        RispondiElimina
        Risposte
        1. + 3 post (che inserirò al + presto in Graduatoria ed in questo banner).
          Invio invito come Autrice per la pubblicazione di 1 solo post in cui riportare questo "commento" e le immagini relative, complete nel caso di brevi didascalie. La scadenza dell'invito sarà dopo la prox Lezione, poiché non ho ancora completato la spiegazione per la gestione dei post, quindi il suo post è migliorabile e sarà valutato solo dopo. Lei provi!

          Elimina
        2. inoltre: prima il nome! poi il cognome: ma quante volte lo devo dire e scrivere, e quando mai sulle mie piattaforme avete trovato il contrario!!???
          Marina e il cognome lo scrive dopo, x l'editore idem, e l'autore invece nooo???

          Elimina
      2. Nel 1964, il critico Maurizio Calvesi mi invita a partecipare alla Biennale di Venezia, ed espongo in una saletta le mie Strutture in cartoncino bianco dipinto, basate su sequenze numeriche di alveoli quadrati, di cui ho stabilito rigorosamente la struttura.
        Mari Enzo, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag.46.

        RispondiElimina
        Risposte
        1. Ho + volte spiegato che in assenza di corsivi, che qui non è possibile avere, si devono usare le virgolette, come ha fatto Marina qui sopra, inoltre ho specificato che va inserita la riga o le righe, e certo sempre nel caso di Marina qui sopra, vista la lunghezza del brano è meno utile, ma anche in quel caso, specificare "dalla riga n..." non sarebbe stato male. Quindi lasci questo commento e ne pubblichi un altro corretto.

          Elimina
        2. inoltre: prima il nome! poi il cognome: ma quante volte lo devo dire e scrivere, e quando mai sulle mie piattaforme avete trovato il contrario!!???

          Elimina
      3. "... quell'idea ne genera un'altra, quella del cestino gettacarte e portacenere Mascarene, del 1964: un altro tubo con due fori, stavolta in plastica nera, che ha molto successo, al punto di diventare il riferimento per moltissime produzioni concorrenti. Ne trovavi uno in ogni aeroporto e ufficio pubblico o privato. "
        Mari Enzo, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag. 56.

        RispondiElimina
      4. Ho specificato che va inserita la riga o le righe citate, e certo come nel caso di Marina qui sopra, vista la lunghezza del brano è meno utile, ma anche in quel caso, specificare "dalla riga n..." non sarebbe stato male. Quindi lasci questo commento e ne pubblichi un altro corretto.

        RispondiElimina
        Risposte
        1. inoltre: prima il nome! poi il cognome: ma quante volte lo devo dire e scrivere, e quando mai sulle mie piattaforme avete trovato il contrario!!???

          Elimina
      5. " Nei primi anni Sessanta avevo già provato a studiare come le macchine, se utilizzate correttamente, possano produrre una certa ricchezza formale. Mi ero cimentato, per esempio, con l'artigianato del marmo, che nelle botteghe delle Apuane si scolpiva ancora in modo tradizionale, traendone piccole sculture decorative classicheggianti. Usando delle seghe circolari per tagliare in modo semplice, ma perfettamente studiato, i cilindri di materiale semilavorato, avevo messo a punto le mie Nuove proposte per la lavorazione a mano del marmo. Vasi della serie Paros (1964), prodotti ancora oggi. Tuttavia, era un'operazione in cui un progettista definiva una forma e un operaio la realizzava. "
        Mari Enzo, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag. 85, dalla riga n 1 alla riga n 13.

        RispondiElimina
        Risposte
        1. ... avevo chiesto una correzione e quindi necessariamente scritta su un nuovo commento, lei invece pubblica un nuovo soggetto, nel senso - diverso - commento, OK, va bene lo stesso. quindi 1 e 1/2 post. ora le mando l'invito come Autrice, costruisca u post con ENTRAMBE LE CITAZIONI, debitamente correlate di INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE COMPRESE DI RIGA, e realizzi un post con le relative immagini: valgono le condzioni valide per Marina, qui sopra descritte.

          Elimina
        2. inoltre: prima il nome! poi il cognome: ma quante volte lo devo dire e scrivere, e quando mai sulle mie piattaforme avete trovato il contrario!!???

          Elimina
      6. " Nel 1963, l'architetto Bruno Morassutti, che aveva visto una delle mie Strutture cellulari di Arte programmata, mi aveva coinvolto nel progetto di un edificio, col quale avevamo vinto il concorso Domus / INARCH. "
        Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag. 136, dalla riga n 19 alla riga n 22.

        RispondiElimina
      7. "[...]Vorrei citare tre autori milanesi della generazione precedente alla mia che considero, oggi come allora, grandi maestri. Il primo è Marco Zanuso, designer e architetto: insieme a Richard Sapper, entrato nel suo studio nel 1957, mette a punto due televisori che giudico, senza ombra di dubbio, i prototipi di qualsiasi altro venuto dopo. Nel 1964, dieci anni dopo l'arrivo della tv in Italia, firma l'Algol per Brionvega: in un periodo in cui tutti gli apparecchi sono mascherati da mobiletti kitsch in legno, fatti per mimetizzarsi tra gli arredamenti vecchio stile con i quali devono convivere, Zanuso progetta il suo televisore come uno strumento industriale, una macchina, di cui mette in bella vista tutti gli ingranaggi. La forma, con lo schermo inclinato e arrotondato, è dettata dal componente principale, fino ad allora celato: il tubo catodico."
        Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag.73, dalla riga n 7 alla riga n 22.

        RispondiElimina
      8. "Nel 1964, il critico Maurizio Calvesi mi invita a partecipare alla Biennale di Venezia, ed espongo in una saletta le mie Strutture in cartoncino bianco dipinto, basate su sequenze numeriche di alveoli quadrati, di cui ho stabilito rigorosamente la struttura."
        Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pag.46, dalla riga n 1 alla riga n 5.

        RispondiElimina
      9. "Nel 1964, la mostra (*) approda a New York, alla Smithsonian Institution e io, che per la Olivetti ho già seguito alcuni progetti di grafica – merito di Giorgio Soavi, leggendario art director della promozione aziendale – vengo incaricato dei cataloghi e dell’allestimento. È il mio primo viaggio all’estero e non so una parola d’inglese. Quando arrivano le casse da Milano, scopro che un terzo delle opere è fracassato e che tutte le altre, da collegare a prese di corrente, sono basate sul voltaggio europeo. Devo restaurare i pezzi danneggiati e modificarne gli apparati elettrici.
        Giro per Manhattan con un taccuino, su cui traduco ciò che mi serve mediante schizzi e disegni.
        Imparo tre parole, fondamentali per le mie conversazioni: «money», «people», «tomorrow».
        Nei primi quindici giorni, l’azienda mi paga un buon albergo, ma per le due settimane successive, che trascorro visitando tutti i musei e camminando su e giù tra i grattacieli senza sosta, devo fare da
        solo. Trovo una pensione da pochi dollari, al settimo piano di un edificio senza ascensore. Mi ricordo che, appena apro la porta della mia stanza, casco lungo e disteso per terra, perché ho infilato
        il piede in un buco della moquette pulciosa a mo’ di pantofola, e poco dopo dietro le tende della finestra trovo un muro di mattoni. In America è ancora forte il razzismo: una mattina entra l’inserviente per rifare il letto. È una donna nera anziana molto corpulenta. Ingenuamente, mi avvicino perché le vorrei stringere la mano: quella urla e fugge, pensando chissà cosa.
        Vedevo un mondo in cui tutto era gigante, anche i quadri. Ciò che mi piaceva di Manhattan era che l’architettura si basava su Mies van der Rohe e il Modernismo: la qualità non nasceva dalla fattura dei singoli edifici, ma dalla loro somma e uniformità linguistica. Mi piaceva anche il sistema delle strade, che ho percorso tutte a piedi, senza quasi mai fare ricorso alla piantina. Il reticolato urbano mi pareva la componente più razionale di una città di quelle dimensioni."
        Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2011, pp 44-45

        * Rif. mostra “Arte Programmata” realizzata da Olivetti su proposta di Bruno Munari nel 1962.

        RispondiElimina
        Risposte
        1. grazie!
          Lei è una delle risposte a ciò che un docente cerca negli allievi e la conferma di una sintonia del nostro studio (nostro, suo, mio, etc) in cui il racconto delle fasi dell'iter progettuale, fatto non solo dell'idea, ma dei su e giù con le occasioni d'altro - sempre progetto ed elaborazioni nella mente del progettista - viaggi, possiblità, difficoltà e soluzioni anche approssimative...
          ecco un brano che a senso riportare.
          5 e 1/2 post

          Elimina