set stage Capogrossi & sunglasses del 23 maggio 2013 h 16:28: ogni allievo indossa il proprio prototipo.
foto Cecilia Polidori
LABORATORY DESIGN methods by use of creative platforms -
Interactive Systems for the Creation and Evolution of Web Platform Projects,
Prototyping, Communication Strategy, Crowdsourcing Design, Processing Platforms,
an experimental project on interoperability of research and teaching of Data-Design
conducted through innovative scenarios and forms of organization of the processes
of interactive and collective learning.
PROJECTS, EXPERIMENTS AND PROTOTYPES WITH DIFFERENT MATERIALS.
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DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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DESIGN 2013/14 n 2 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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DESIGN 2013/14 n 3 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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English version

martedì 19 novembre 2013

a proposito del test del 6/11/2013 su: Ettore Sottsass, "Scritto di notte", Adelphi Edizioni, Milano, 2010

eccolo finalmente, ci sono state alcune correzioni - mai lasciate da Alessia - che le ha tutte rimosse, quindi nessuno mai ne saprà, e che sia una piattaforma didattica: nisba e non c'è verso -. 
Ma le correzioni nemmeno erano sostanziali, tipo "op. cit." x 1 testo già citato: solo a dimostrazione che se non lo dico ad personam non c'è verso che si legga o si applichi, erano solo piccole correzioni formali; il contenuto è utile a tutti: non esprime teorie, come gli altri 3 precedenti post - teorie anche costruite con brani riportati - tuttavia va precisato che nel medesimo tempo c'è il lavoro pubblicazione/coordinamento di ben altro post, quindi questo che ruba cmq tempo è fatto solo per mantenere il punto. ok 7 post e va in Bibliografia. cp

1)  " [...] nella grande città, cioè Torino, che allora sembrava una città molto progredita, per via della FIAT e di un miliardario che si chiamava Signor Gualino. il Signor Gualino aveva fatto costruire un lungo edificio sulla collina per farne un museo di arte moderna -cioè contemporanea- ma il signor Gualino, banchiere, aveva il difetto di essere antifascista e allora, non so come, se ne è andato da Torino."
Ettore Sottsass, "Scritto di notte", Adelphi Edizioni, Milano, 2010, pag 14, righe 27-35.
"Riccardo Gualino (Biella, 1879 – Firenze, 1964) fu un finanziere e industriale attivo sui mercati internazionali, uno dei maggiori dei suoi tempi, collezionista e importante committente di architettura moderna, mecenate attivo in campo teatrale e musicale e produttore cinematografico. Proveniente da famiglia biellese di imprenditori orafi, si dedicò al commercio dei legnami rifornendosi con imprese di disboscamento in Romania e costituì, sempre in campo edilizio, l'Unione Italiana Cementi a Casale Monferrato assieme a Werner Abegg. Noleggiò e costruì flotte di navi per il trasporto del carbone dagli Stati Uniti, fondando a Torino la SNIA (Società di Navigazione Italo Americana) che poi trasformò in Snia-Viscosa creando in Italia grandi stabilimenti per la produzione di filati artificiali. Ebbe un ruolo importante anche nella Fiat, di cui fu anche. Nel 1920, quando la Fiat subisce il tentativo di acquisizione ostile da parte dei F.lli Perrone di Genova, che controllavano l'Ansaldo (siderugia) si schiera a fianco di Giovanni Agnelli condividendo con lui il pacchetto di controllo. Creò altre imprese nel campo della chimica (Rumianca), dell'industria del cioccolato (Venchi Unica) e cinematografica (Lux Film), ed anche nell'attività bancaria e finanziaria, la Banca Agricola Italiana, poi confluita nell'Istituto San Paolo di Torino. Fu anche, assieme alla moglie Cesarina un grande mecenate e amante delle arti, amico del critico d'arte Lionello Venturi, che coinvolse in molte attività, e sostenitore di molti artisti. Raccolse un'importante collezione di arte antica, con i consigli del famoso critico, che passò poi alla Galleria Sabauda di Torino. La crisi del 1929 trovò Riccardo Gualino eccessivamente esposto in speculazioni finanziarie. Avverso al fascismo, non fu aiutato dal governo a superare il crollo del suo impero finanziario ed industriale e fu inviato al confino a Lipari, nel 1931 e l'anno successivo a Cava de' Tirreni con l'accusa di bancarotta fraudolenta. Colpito dall'interdizione a esercitare cariche amministrative, esercitò ugualmente il controllo della Rumianca e della Lux Film con Mario Palombi Procuratore, fondata in Francia. Futuri grandi produttori come Carlo Ponti, Dino De Laurentiis e Luigi Rovere considerarono Riccardo Gualino come il loro maestro."

2) "Mi dicevano sottovoce che nel tempo che era rimasto in città, il signor Gualino aveva fatto venire i balletti russi: i balletti di Diaghilev con Nijinskij e le scene di Bakst."
Ettore Sottsass, op.cit., pag 15, righe 3-6. 

"

Léon Bakst, pseudonimo di Lev Schmule Rosenberg (San Pietroburgo, 10 maggio 1866 – Parigi, 28 dicembre 1924), è stato un pittore,scenografo e costumista russo. Nato da una famiglia ebrea a San Pietroburgo, Lev Schmule Rosenberg studiò all'Accademia Russa di Belle Arti e all'Académie Julian di Parigi dove approfondisce la conoscenza dell'arte francese e si accosta al simbolismo; nel 1898 fonda con l'impresario teatrale Diaghilev il gruppo d'avanguardia Il mondo dell'arte. Disegnò scene per tragedie greche e nel 1908 si guadagnò una fama come creatore delle scene e dei costumi per Sergej Djagilev e i suoi Balletti russi riuscendo a coniugare la raffinatezza del simbolismo francese con la tradizione popolare russa. In questo contesto collaborò con alcuni dei maggiori compositori dell'epoca come Igor Stravinskij, Maurice Ravel, Reynaldo Hahn e Claude Debussy.
Tra le scenografie più suggestive che curò nella loro prima esecuzione sono da ricordare:Shéhérazade di Rimskij-Korsakov (1910), L'uccello di fuoco di Stravinskij (1910),Preludio al pomeriggio di un fauno di Debussy (1912),Daphnis et Chloé di Ravel (1912),Le Dieu Bleu di Hahn (1912).
Bakst ebbe una grande influenza sull'arte e sulla moda all'inizio del XX secolo, specialmente nella scenografia, di cui fu uno dei primi maestri moderni."

3) "[...] con il legno di cirmolo profumato e tenero, e infatti con quel legno tenero e quasi senza vene il papà di mia mamma qualche volta scolpiva anche statue di santi per gli altari nelle chiese di montagna vicino al cimitero."
Ettore Sottsassop.cit., pag 17, righe 2-6. 

"In passato il cirmolo era impiegato soprattutto per costruire mobili, armadi o rivestimenti per le stube (la stube o stua è una stanza completamente rivestita in legno, tipica delle zone alpine) . Si era notato, infatti, come i vestiti si conservassero meglio negli armadi realizzati con questo legno. Oggi viene utilizzato soprattutto per costruire letti e culle, data la sua capacità di garantire un buon riposo, e per il wellness. Viene usato poco come legna da ardere, poiché, se bruciato, emana un odore molto forte. Insieme al pino mugo è l'albero che cresce più ad alta quota.
Contiene vitamina C, oli essenziali, resina, trementina, pinoli. Secondo la tradizione popolare il cirmolo riesce a trasmettere un influsso positivo alla psiche umana, trasmettendo pazienza e la capacità di tenere il proprio obiettivo sempre davanti agli occhi.
Il nome scientifico è Pinus cembra L. , in Italia è presente nel Cuneese, nelle Valli torinesi, Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige, in Europa in alcune aree delle Alpi svizzere e austriache.
L'albero è di dimensioni modeste o medie, arriva a circa 25 m d'altezza e diametro inferiore a 70 cm. Il fusto è irregolare."

4) "La Fama di un solo generale si fa con diecimila corpi morti. (Tsao Sung, 800 d.C.)"
Ettore Sottsassop.cit.,  pag 24, righe 15-16.

"Ts'ao Sung (c. 830 - 910 ) è stato un poeta cinese della dinastia Tang . La sua poesia «Una protesta nel sesto anno di Ch'ien Fu» (879 d.C.) è considerata « la breve poesia contro la guerra più conosciuta nella letteratura cinese » (Ray & Ray, 1984). Gli anni della dinastia Tang sono stati il periodo d'oro della poesia cinese. Quasi cinquantamila poesie scritte nel corso di questi 300 anni sono ancora esistenti.  Fino al 755 d.C. la dinastia Tang era nel periodo di massimo splendore della sua potenza politica e militare ed i suoi imperatori intrapresero una serie di guerre di aggressione contro i paesi vicini della Cina. Molti sono stati i soldati morti alle frontiere in queste guerre ed altrettanto numerose sono le poesie scritte sulla guerra di frontiera"
Murale che commemora la vittoria di
Zhang Yichao sopra i tibetani, Tardo Tang.



国江山入战图
生民何计乐
凭君莫封侯事
一将功成万骨枯


poem (*)
The submerged country, river and hill, is a battle-ground.
How can the common people enjoy their wood-cutting and their fuel-gathering?
I charge thee, sir, not to talk of high honours;
A single general achieves fame on the rotting bones of ten thousand.

Albert Richard Davis, The Penguin Book of Chinese Verse (1962), p. 28
(* ) traduzione
Il paese sommerso, fiumi e colline, sono un campo di battaglia.
come possono le persone comuni godersi il loro legno tagliato e la loro raccolta di combustibile?
Io ti scongiuro, signore, per non parlare di alti onori;
Un solo generale raggiunge la fama sulle ossa marce di diecimila.

5) "Alla scoperta di quell'orribile tipo di addio, ho reagito cominciando una raccolta di biglietti del tram. Ho cominciato a diventare un collezionista povero. Forse speravo di fermare il tempo. Attaccavo i biglietti sulle pagine di un quaderno ma anche se avevano bei colori chiari con i biglietti del tram non ha funzionato, il tempo non sono riuscito a fermarlo. Non sono mai riuscito a fermare il tempo anche se ho sempre provato."
Ettore Sottsassop.cit., pag  28, righe 19-27.

6) " Quando siamo arrivati a Torino avevo più o meno 11 anni, ma erano stati 11 anni innocenti, leggeri, luminosi. Undici anni fantastici."
Ettore Sottsassop.cit., pag  29, righe 21-23 .                                             

7/8) "Un giorno, un bambino un pò più grande e che mi sembrava vestito male è arrivato con palline d'acciaio. Mi sono spaventato. Quella volta non è stato l'abbassamento del mio stato sociale. Ho avuto una visione asfissiante di spazi di vita che non erano a mia disposizione e che non lo sarebbero mai stati. Da dove poteva venire una pallina d'acciaio? Come si arrivava a possedere una pallina d'acciaio? Chi si doveva essere per avere una pallina di acciaio? La pallina i terracotta si comprava dal tabaccaio. Più o meno anche la pallina di vetro- mi sembrava- l'avrei potuta raggiungere. Sapevo dove trovare oggetti di vetro o simili, bicchieri, bottiglie, bottoni, lampadine, vasetti di vetro, perline, collanine. Con il vetro avevo una certa dimestichezza, come con il legno, con i sassi, la stoffa, gli spaghi, i fiammiferi. Sapevo anche dove c'erano chiodi e martello; li avevi visti dal mio nonno falegname. Ma una pallina di acciaio era fuori dalla mia portata. Grande mistero, immenso, soffocante mistero: il vasto mistero della «civiltà» delle macchine? Cominciavo a dovermi confrontare con la civiltà delle macchine?"
Ettore Sottsassop.cit., pag 35, righe 5-22.


"In Italia la rivoluzione industriale ebbe inizio tra la fine del 1800 e i primi del 1900, solo per certe regioni settentrionali, quando si riuscì a utilizzare come fonte di energia quella idroelettrica.
Le fabbriche sorsero intorno al 1880 soprattutto in Lombardia, Piemonte e Liguria, sotto l'attenta guida alla monarchia accentuando lo sviluppo di queste regioni e il divario tra Nord e Sud si fece più grave. Sorsero industrie ancora oggi famose come la Breda a Milano, che fabbricava locomotive ferroviarie e armi per l'esercito, la Falk, che fondeva il ferro e produceva acciaio, la Pirellie la Marelli che fabbricano ancora pneumatici e accessori elettrici; la Fiat a Torino che iniziò al produzione automobilistica, l'Ansaldo a Genova e altre come la Montecatini, la Edison, la Moarzotto, l'Itala e l'Alfa Romeo.
I posti di lavoro aumentarono, ma le conduzioni degli operai rimasero ancora molto dure: 14-16 ore di lavoro al giorno, salari bassi, nessuna assistenza durante le malattie, né diritto alla pensione. La disoccupazione non poteva essere assorbita dall'industria ancora in fase di avvio.
Diverse manifatture tessili, un tempo fiorenti nel Mezzogiorno, furono costrette a chiudere, sopraffatte dalla concorrenza del Nord.
L'unica alternativa offerta a molti italiani dalla monarchia dei Savoia era l'emigrazione con tutto il suo carico di miseria e di sacrifici verso le Americhe, la Germania, la Francia, ecc.
Dal 1870 al 1914 ben 16 milioni di italiani emigrarono all'estero in cerca di fortuna.
Tuttavia, dopo l'affannoso decollo industriale sotto in governo di un liberale torinese Giovanni Giolitti (età giolittiana, 1903-1913), l'Italia ebbe un rilevante sviluppo industriale.
Giolitti fece approvare al suo governo leggi che riducevano l'orario di lavoro, garantiva il riposo festivo, rendeva obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni; fece istituire anche una cassa per la pensione di invalidità e di vecchiaia. Nel 1912, infine, Giolitti estese il diritto di voto a tutti i cittadini maggiorenni di sesso maschile anche se nullatenenti ed analfabeti. Anche Giolitti comunque lasciò irrisolti i problemi del Mezzogiorno, contribuendo a ritardarne lo sviluppo.
Purtroppo il "decollo" industriale avviato così bene da Giolitti, subì un rallentamento a causa della Prima e Seconda guerra mondiale riuscendo però a svilupparsi e ad affermarsi nel mondo, solo dopo il 1950, con il famoso boom economico (esplosione). Infatti l'Italia uscì dalla seconda guerra mondiale (1945) profondamente sconvolta; bisognava ricostruire tutto: città, vie di comunicazione, fabbriche, monumenti; le campagne erano devastate, la stessa società era lacerata dalla guerra civile tra partigiani e fascisti.
Questa difficile opera di ricostruzione venne affidata al governo non più monarchico ma repubblicano di Alcide De Gasperi, che tra il 1958 e il 1963 seppe provocare il così detto "miracolo economico" prevalentemente nel triangolo industriale compreso tra Milano, Torino e Genova.
Questo "miracolo" migliorò notevolmente il livello di vita degli italiani; nelle famiglie si diffusero gli elettrodomestici, le prime motociclette, le prime automobili prodotte in serie, a prezzi più accessibili. Un milione e mezzo di italiani lasciarono le regioni meridionali per spostarsi nelle zone industriali verso cui si dirigevano anche gli abitanti dei centri più poveri del Settentrione. In poco tempo interi paesi si spopolarono, mentre crebbe rapidamente il numero degli abitanti delle grandi città del Nord."

9) " Una volta suo marito, cioè mio nonno, le aveva regalato per il compleanno un paio di babbucce di velluto ricamate, e lei le aveva volute mettere la domenica per andare a messa anche se nella notte era nevicato molto. Così si era bagnata i piedi, che erano rimasti bagnati per tutta la lunga messa anche con il coro, nella chiesa gelata. Poi la nonna era tornata a casa, si era messa a letto con la polmonite e poco dopo era morta. Si chiamava Rosina."
Ettore Sottsassop.cit., pag 44, righe 18-26.

10) " Mio padre era figlio di Giovanni Battista Sottsass, detto Giobatta [...] "
Ettore Sottsassop.cit., pag  45, riga 1.


"Sottsass Ettore senior. - Architetto (Nave San Rocco, Trento, 1892 -Torino 1954). Allo studio a Innsbruck (1909-12) e a Vienna (1912-14), affiancò un apprendistato nei cantieri. Dal 1920 operò in Trentino nella ricostruzione delle zone devastate dalla guerra, ricercando nella tradizione locale soluzioni di rigorosa semplicità; si impegnò poi in realizzazioni più complesse: il municipio di Merano(1928-32) e lo stabilimento del Lido di Bolzano (1936). A Torino, dal 1928, fu con G. Pagano e G. Levi Montalcini tra i promotori del gruppo piemontese del MIAR, collaborando al discusso progetto di sistemazione di via Roma (1931); eseguì anche il palazzo della Moda (1938, trasformato nel palazzo delle Esposizioni da R. Biscaretti di Ruffia e P. L. Nervi, 1948). Nel dopoguerra elaborò soprattutto interventi di ricostruzione, di sistemazioni urbanistiche e di progettazione nell'ambito dell'edilizia economica e popolare (Torino, la Falchera, 1951-52)."

11) "[...] e la prima metà di via Roma è stata poi progettata dall'architetto romano Piacentini, perfetto visionario del nuovo impero, perfetto poeta del potere dello Stato, perfetto poeta del gigantismo disumano."
Ettore Sottsassop.cit., pag 64, righe 14-18.

"Marcello Piacentini (Roma, 8 dicembre 1881 – Roma, 18 maggio 1960) è stato un architetto e urbanista italiano del ventennio fascista. Operò intensamente in tutta Italia, ma durante il fascismo fu soprattutto a Roma che ebbe incarichi di particolare rilevanza. Gli edifici e gli interventi urbanistici realizzati da Piacentini nella Capitale non si contano: da una parte ne consolidarono l'immagine di architetto del regime o architetto di corte del duce[1], e dall'altra connotarono significativamente l'aspetto della città. Creò un neoclassicismo semplificato che voleva essere a metà strada tra il classicismo del gruppo Novecento (Giovanni Muzio, Lancia, Gio Ponti ecc.) ed il razionalismo del Gruppo 7 e M.I.A.R. di Giuseppe Terragni, Giuseppe Pagano, Adalberto Libera ecc. In realtà Piacentini fuse entrambi i movimenti, riuscendo a creare uno stile originale, con un'impronta spiccatamente eclettica pur nella ricerca della monumentalità tipica delle tendenze estetiche del tempo. Nel 1929 Mussolini lo nominò membro dell'Accademia d'Italia, che raccoglieva i migliori intellettuali italiani. I richiami alla tradizione classica saranno, soprattutto a partire dagli anni Trenta numerosi, contribuendo alla fissazione di quello stile littorio così caro a Mussolini ed alle alte gerarchie fasciste. Fra le operazioni più devastanti emerge tristemente la demolizione della Spina di Borgo per l'apertura di Via della Conciliazione a Roma, su progetto elaborato nel 1936 (ma portato a termine nel 1950) insieme all'architetto Attilio Spaccarelli. Antecedenti, fra il 1927 e il 1936, sono gli imponenti lavori di sventramento della Contrada Nuova di Torino per realizzare il tratto di Via Roma da piazza Carlo Felice a piazza San Carlo."
12) "E' anche vero però che invece di andare a sentire vecchi professori più o meno illuminati, andavo quasi tutti i pomeriggi a trovare un pittore molto antifascista e molto anarchico di nome Spazzapan. Spazzapan sapeva tutto della pittura contemporanea. da giovane era vissuto in Germania a Monaco, ai tempi del Blaue Reiter e poi a Parigi ai tempi di Picasso e compagni e di tutti quelli che c'erano a Parigi all'ora. Per me era diventato assolutamente necessario stare ore ed ore ad ascoltare quell'uomo; [...] mi sembrava assolutamente necessario ascoltarlo parlare di se stesso come se parlasse di uno sconosciuto di passaggio; [...] Spazzapan parlava di se stesso come di uno che forse non ha speranza ma neanche disperazione, come di uno che non ha presunzioni sul «progresso» ma neanche scarica le sue insicurezze con brontolii sul presente. questa di Spazzapan è stata un'importante -non detta- nozione di base: come se mi avesse detto, senza dirlo: «Sottass, parli sempre poco di se stesso, di quello che ha fatto o non fatto, di quello che farà, di quello che ha detto, di quello che è. Parli poco di se stesso, non soltanto per non annoiare gli altri, ma per non annoiare se stesso, per non credersi mai degno di tante parole, spiegazioni, introspezioni, lamenti, errori, eroismi, lodi, piedistalli»."
Ettore Sottsassop.cit., pag 52-53, righe 18-27/33-34/12-24.

"Luigi Spazzapan (Gradisca d'Isonzo, 18 aprile 1889 – Torino, 18 febbraio 1958) è stato un pittore italiano, di lingua slovena, ritenuto uno dei più importanti esponenti italiani della pittura astratta nel primo dopoguerra. Nel 1920 trova lavoro come insegnante di Matematica alle scuole medie di Idria, incarico che lascia presto per dedicarsi completamente alla sua grande passione, la pittura. Nel 1923 partecipa a Padova ad una mostra sul futurismo movimento artistico che aveva conosciuto di recente attraverso il gruppo futurista giuliano fondato dagli artisti Giorgio Carmelich, Sofronio Pocarini e Mirko Vucetich. La sua formazione artistica si compì anche attraverso alcuni viaggi che intraprese nella sua giovinezza nei maggiori centri della cultura figurativa del tempo fra cui Vienna e Monaco che gli permisero di accrescere e sviluppare la sua formazione artistica assimilando gli stili delle secessioni, dell'Art Nouveau, del futurismo, dell'espressionismo, fino a intendere precocemente le esperienze dell'astrattismo. Nel 1928 si stabilisce a Torino dove si accosta agli ideali del gruppo dei Sei di Torino che gli permette di creare uno stile personalissimo che tra vari richiami alle correnti moderniste del tempo seppe trovare spunti di sorprendente ricchezza inventiva andando ad incidere una traccia profonda sull'esperienza informale ma senza perdere la poetica che rimane sempre presente nella sua opera. Nel 1936 fu invitato alla Biennale di Venezia dove, nel 1954, ebbe una sala personale. Distinguendosi sempre come ottimo disegnatore con delle mostre di estrema sensibilità pur nel tratto nervoso dell'opera ispirato sia a suggestioni della secessione mitteleuropea che all'espressionismo, Spazzapan si adoperò anche in progetti ad uso industriale per decorazioni murali e disegni astratti per stoffe.Presso il suo studio a Torino, il giovane pittore Renaldo Nuzzolese residente a Torino e nato a Taranto lavora sotto la direzione di Spazzapan come collaboratore. Come artista Nuzzolese cita il Maestro durante le esposizioni a Taranto e all'Exo-Arte di Bari nelle "mostre d'avanguardia" promosse dall'artista Vittorio Del Piano in Puglia. Viene anche più volte citato dall'architetto e designer Ettore Sottsass nel libro "Scritto di notte" che ricorda quando da bambino passava lunghe giornate nello studio dell'artista, ammirandone le capacità tecniche e concettuali."

13) "[...]Quando mi hanno visto entrare sono scoppiati a ridere, come se sulla scena fosse apparsa una grassona inutile che non sapeva né cantare né ballare. Io ero biondo, con i capelli quasi bianchi, avevo la frangetta e penso anche la faccia un pò tonda e la pelle molto pulita , bianca e rossa come una mela e forse gli occhi spalancati. [...] Quella risata immensa dedicata a me non la dimenticherò mai. Quando l'ho raccontato a mia madre lei mi ha bagnato i capelli e mi ha mandato a letto con la frangia tirata indietro e tenuta ferma con una stoffa. La mattina al risveglio, avevo i capelli dritti come Ollio, e non sono andato a scuola."
Ettore Sottsassop.cit., pag  64-65 righe 31-34/1-2/8-13.

Alessia Chillemi

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